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I loop

A cura di pasquale kovacic

Quindi, come abbiamo visto nella tesina dedicata ai modelli di realtà, il modello ripropone sempre lo stesso schema.

Ma cosa accade, quando il nostro modello, viene portato a una situazione di massima esasperazione, facendo in modo che nel suo schema, entrino a far parte, AZIONI dettate da tutti i nostri problemi non risolti, e soprattutto, dalla nostra accettazione cieca, e quindi dalla nostra volontà di convivenza con gli stessi; ovvero, quando i punti di riferimento dello schema del nostro modello di realtà, SONO, i nostri stessi problemi, e generano AZIONI concrete.

Accade che si manifesta un “circolo vizioso”, che viene denominato “loop”.

Il film

Il “loop”, origina il susseguirsi degli stessi pensieri e delle stesse azioni, all’interno di situazioni, che seppur in apparenza diverse, condivideranno le stesse sequenze di fatti.

E’ come se fosse un “film”, che viene proiettato in continuazione e che prevede, sempre lo stesso inizio, sempre la stessa trama e sempre lo stesso finale.

Se ci fermiamo un attimo a riflettere, ripercorrendo molte esperienze della nostra vita, sia passata che attuale, avremo proprio la sensazione di trovarci all’interno di un “film”, che continua a ripetersi, provocando sempre gli stessi stati d’animo e che finisce sempre nello stesso modo.

Infatti, la domanda che ci poniamo in questi casi è: “ma perché deve andare sempre a finire così”?

Come può accadere una cosa simile?

Nella nostra vita, abbiamo sempre avuto un modello fisso di persona, che vorremmo vicino, ma tutte le volte che ci abbiamo provato, quel tipo di persona non si è rivelata adatta, provocandoci anche sofferenze.

Conosciamo una persona nuova, che corrisponde al nostro modello, la frequentiamo e ne nasce una storia d’Amore.

Questa persona, se corrisponde al nostro modello, possiede le stesse caratteristiche di tutte le altre persone del nostro passato, con cui abbiamo avuto una storia d’Amore, che però è finita; quindi, anche se trattasi di persone diverse, in ambiti diversi; ritroviamo gli stessi problemi, le stesse soluzioni adottate e quindi, gli stessi risultati.

Come potrà andare a finire, la nostra nuova storia d’Amore?

Esattamente come tutte le altre.

Allora, come si interrompe un “loop”, nel quale siamo entrati, e dal quale sembra impossibile uscire?

La soluzione è sempre la stessa.

Cambiare il modello

Se nella scelta delle persone che vogliamo nella nostra vita, abbandoniamo i modelli schematici e iniziamo a scegliere persone che sentiamo essere in risonanza alla nostra stessa frequenza energetica, facciamo sicuramente un grande passo, ed è così, che già abbiamo aggiornato il nostro modello di realtà di riferimento.

Per altre tipologie di situazioni, facciamo altri esempi.

Se tutte le volte che piove, usiamo sempre lo stesso ombrello rotto, ci bagneremo; se quando rientriamo a casa, posizioniamo l’ombrello sempre nello stesso angolo, e questo tutte le volte cade, cambiamogli posto, o prendiamo un portaombrelli; e se una persona si comporta male con noi, non assecondiamola più.

La mente crea modelli di realtà, che tramite punti di riferimento, generano degli schemi fissi.

Nell’interazione tra le persone, vale lo stesso discorso: abbiamo passato tutta la giornata a pulire e riordinare la nostra casa, preparando anche la cena.

Il nostro partner, rientra con le scarpe sporche, le toglie lasciandole sul pavimento, appoggia il cappotto sul divano e si siede a tavola.

Noi, puliamo dove ha sporcato, riponiamo le scarpe nella scarpiera, mettiamo il cappotto nell’armadio e ci sediamo a tavola con lui/lei.

Dopo la cena, lui/lei, si alza dalla tavola, e si mette sul divano a guardare la televisione, mentre noi sparecchiamo e laviamo i piatti.

Abbiamo a tutti gli effetti, creato un modello, con tutti i punti di riferimento necessari, che sono, in questo caso, le nostre azioni; e cosa potrà accadere, tutte le volte che il nostro partner rientrerà a casa?

Il modello, si ripeterà all’infinito, generando un “loop”.

E come sarà la nostra autostima, dato che non ci rispettiamo, concedendo al nostro partner di fare altrettanto?

Per uscirne, dobbiamo agire per gradi; la prima cosa da fare, è eliminare tutti i punti di riferimento, che compongono lo schema del nostro modello, e che generano le nostre AZIONI; quindi, nel caso specifico, creeremo e metteremo in pratica, un nuovo modello, che prevede, che nel PRESENTE, non riponiamo più a prescindere, le cose degli altri, lanciando un segnale CHIARO, di un cambiamento che in noi è già avvenuto, dando l’esempio.

I punti di riferimento dello schema del modello del nostro partner, sono stati fino a quel momento i nostri, che abbiamo eliminato; facendoglieli mancare, avremo fatto “saltare” il suo schema, e ciò provocherà una reazione.

Agiremo quindi, con sapienza, ovvero, senza isterismi, né altri comportamenti che possano generare conflitti, parlando con calma, ma in maniera decisa, spiegando i motivi rispettosi del nostro cambiamento e facendo appello alla sua coscienza.

A questo punto, non esistendo più lo schema del suo modello, il suo cervello, sarà portato a crearne un altro, all’interno del quale, per trovare il cappotto e le scarpe nel loro giusto posto, dovrà essere lui/lei a mettercele, tramite le SUE AZIONI, ovvero i SUOI nuovi punti di riferimento. Così facendo, non solo avremo risolto un problema, operando un cambiamento definitivo, ma avremo donato autonomia, al cervello del nostro partner, che così, in maniera rispettosa, prima di tutto verso se stesso, e poi anche verso di noi, avrà cambiato spontaneamente il suo modello.

Se questo non dovesse accadere, dovremo agire diversamente, ovvero, operare una diversa soluzione.

Cosa succederà, se per alcune mattine successive, ritroverà le scarpe e il cappotto, esattamente dove li ha lasciati

E cosa succederà, se rientrando a casa, non troverà più la cena pronta?

Per un certo tempo, possiamo anche solo osservare, se il segnale è stato recepito, e l’esempio viene seguito, ma se la cosa ancora non accade, dovremo intervenire ulteriormente, riprendendo il discorso, con le stesse caratteristiche di pacatezza, già utilizzate, cercando, benevolmente, di portare l’altra persona a cambiare il suo modello.

Ciò genererà, rispetto e autostima per entrambi.

E la cena? Uno la prepara e l’altro lava i piatti.

Ma se anche questo non dovesse servire, sarà opportuno rendersi conto, che mentre noi siamo usciti dal “loop”, il nostro partner ne è ancora immerso, e cercheremo di fare in modo che ne esca, spiegandogli il meccanismo dello stesso.

Nel caso dovessimo trovarci, di fronte a un modello di assoluto egoismo e mancanza di rispetto, non potremo fare altro, che allontanarci dallo stesso, per rispetto di noi stessi, e della nostra autostima.

Lo stesso discorso, è naturalmente valido anche per quanto riguarda conoscenti, amici, colleghi di lavoro, e tutte le altre persone e situazioni presenti nella nostra quotidianità.

L’intervento

In altre parole, se qualcuno ci manca di rispetto, in qualsiasi ambito, non dobbiamo concederglielo, cambiando il nostro modello e dando quindi l’esempio, perché le persone cambino il loro, senza però intervenirvi direttamente, altrimenti sarebbe una “imposizione”, perché la crescita personale, anche se può essere in qualche modo provocata, deve essere individuale e spontanea, realizzandola prima all’interno di noi stessi, e poi all’esterno.

La nostra scrivania sul posto di lavoro, è perfettamente in ordine e quando cerchiamo qualcosa, la troviamo subito; il nostro vicino invece, ha scartoffie da tutte le parti, e quando deve cercare qualcosa, fa molta fatica a trovarla.

In questo caso, l’esempio lo stiamo già dando, ma non viene seguito.

Come ci comportiamo? In nessun modo.

Di chi è il problema?

Quel problema diventa nostro di riflesso?

No, magari può essere fastidioso, ma non si riflette su di noi.

Allora, non faremo proprio niente; ognuno percorre la sua strada, e se un giorno, continuando a notare, che voi trovate subito le cose, e lui/lei no, sistemerà la sua scrivania, avrà fatto il suo bene, non il nostro, in quanto non ci danneggia, né ci avvantaggia.

Quindi, uscendo dal “loop”, noteremo che saremo spinti a cercare persone totalmente diverse e che i “film” della nostra vita, inizieranno a essere tutti uno completamente diverso dall’altro.

E questo, ci porta a riflettere su tutte le situazioni della nostra vita, che si trovano all’interno di un “loop”, acquisendo non solo la consapevolezza della sua esistenza, e degli strumenti con cui uscirne, ma realizzando, che si tratta, prima di tutto di risolvere i nostri problemi.

Ognuno deve risolvere i propri problemi, sia che si tratti di saper riporre le proprie cose, che di riordinare la propria scrivania, che di cambiare la propria vita; non possiamo farlo noi al posto loro, e quando questo non succede, le strade si devono dividere, perché il rispetto per noi stessi, e di conseguenza per gli altri, deve essere la prima cosa, e questo si inizia a notare dai piccoli gesti; quando manca nei piccoli gesti, manca anche nelle cose importanti.

Questo, non è altro, che in maniera più ampia, lo stesso discorso che abbiamo già affrontato, riguardante l’intervenire sulle difficoltà, prima che diventino problemi, e man mano che ogni discorso si amplia, si devono ampliare, chiaramente, anche le riflessioni.

La proiezione

Ma a proposito di riflessioni e di esempi; ad alcuni di noi, durante la lettura dell’esempio, del cappotto, delle scarpe e della cena, potrà essere capitato, che il nostro modello di realtà, ci abbia “proiettato” verso la classica situazione, di una casalinga e del marito che torna a casa dal lavoro, originando una sorta di “comprensione”, per i gesti del marito, nonostante l’esempio, iniziava, con la parola “abbiamo”, ovvero, un chiaro riferimento a ognuno di noi.

In realtà, la situazione poteva anche essere riferita a una Domenica, nella quale la moglie, che durante la settimana lavora anche lei, si occupava della casa, mentre il marito, era al bar con gli amici.

Ecco cosa può significare “tenere la mente aperta”, invece di farci “guidare” dai nostri modelli, e soprattutto, nel caso specifico, rivolgere la situazione, quindi l’esempio a noi stessi e non ad altri.

Se ci vogliamo VERAMENTE bene, dobbiamo cambiare i nostri modelli, altrimenti, potremmo non riuscire a realizzare, nemmeno i significati di semplici esempi, né tanto meno il fatto, che quando esiste un “loop”, questo, si presenta tutti i giorni, a prescindere dalle situazioni.

L’esperimento

Una cosa che invece ci danneggia moltissimo, sono i “loop” impostati dal sistema, ovvero, quelli in cui siamo davvero convinti, non solo di non potere uscire, ma di non volerlo fare, credendo addirittura che sia giusto viverci all’interno, non solo noi, ma tutti.

Per capire questo concetto ci avvarremmo di un esperimento; unica regola, quando vedete gli asterischi, fermate la lettura e prima di proseguirla, fate ciò che è stato descritto prima degli stessi: sedetevi sulla sedia della vostra scrivania, e iniziate ad aprire e chiudere lo stesso cassetto in continuazione, andando avanti a farlo per mezzora.

Sappiamo bene, che il vostro cervello vi suggerirà di non farlo, e tutti sarete portati effettivamente a non farlo realmente, cercando di immaginare come ci si sente e credendo di saperlo, perché sembra una cosa stupida e banale.

Infatti, il nostro cervello, conosce quell’azione, ma motivata dalla presenza di un oggetto nel cassetto, e dalla sua utilità; non avendo mai vissuto un’esperienza simile, non trova il modello corrispondente, e si “limiterà” all’immaginazione.

Ma se dobbiamo riflettere sull’effettivo stato d’animo, che una situazione provoca, dobbiamo mettere in atto, qualcosa che ci possa portare a provarlo realmente. Quindi fatelo, e solo dopo averlo fatto proseguite con la lettura.

Questo passaggio, e quello successivo, sono molto importanti, perché nel proseguo della lettura, vedremo gli stati d’animo che avranno comportato, e se deciderete di proseguire nella lettura, ripromettendovi di eseguire il tutto successivamente, potrete esserne influenzati e se ciò dovesse accadere, l’esperimento perderebbe di veridicità.

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Avrete notato alcune cose: già dopo un solo minuto, eravate stanchi di farlo, percepivate in maniera molto forte, la non utilità di ciò che stavate facendo e la sua mancanza di opportunità, ovvero, che il continuare a farlo, non avrebbe portato a nessun risultato, né soggettivo, né oggettivo, rivolto a migliorare in qualche modo la vostra vita, creando uno stato d’animo, all’interno del quale, vi siete sentiti totalmente affranti e inutili, se non addirittura folli, magari FERMANDOVI e chiedendovi: MA CHE COSA STO FACENDO?

Sappiamo che ben pochi, saranno andati avanti davvero a farlo per mezzora, ma non importa, perché basta molto meno, per realizzare lo stato d’animo che comporta un’azione inutile, ripetuta nel tempo.

Adesso, analizzato il vostro stato d’animo, riflettete su quanta autostima ha generato, non solo quella azione, ma il suo ripetersi in continuazione; dopo di che, rapportate sia l’azione che avete fatto, sia lo stato d’animo che ha generato, effettuando un confronto reale, con tutte le azioni quotidiane che fate nella vostra vita, e sui risultati soggettivi e oggettivi che ottenete da questi, cercando di realizzare in essi, l’esistenza di una reale opportunità di migliorarla.

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Solitamente, la prima cosa che viene in mente, in quanto vi si dedica la maggior parte del tempo della giornata è il lavoro, e quindi è lì, che probabilmente avrete rivolto la vostra analisi.

A questo punto, avrete realizzato lo stesso stato d’animo e la stessa mancanza di autostima, che vi ha portato quella “mezzora”, di apertura e chiusura del cassetto, con lo stesso tipo di stress, dovuto non all’azione compiuta in se stessa, ma alla sua totale inutilità.

E allora, perché facciamo tutti giorni per otto ore e anche di più, qualcosa che, già solo dopo pochissimo tempo che lo facciamo, e che sentiamo essere inutile, tanto da crederci folli, porta allo stesso stato d’animo, generato dall’aprire e chiudere un cassetto per “mezzora” e anche meno?

Generando anche, la stessa stanchezza mentale?

La risposta ovvia, è che il nostro lavoro, genera uno “stipendio”, che ci permette di “sbarcare il lunario”, mentre aprire e chiudere un cassetto per mezzora, non genera nulla.

Quindi, se dovessimo trovare qualcuno che ci remunera per farlo, lo faremmo per otto ore al giorno?

Questo ne aumenterebbe l’utilità?

Creerebbe un’opportunità di miglioramento per la nostra vita? E soprattutto, “sbarcare il lunario”, fa aumentare la nostra autostima

Naturalmente no.

Se l’esperimento può sembrare “estremo”, sarà opportuno riflettere sul fatto, che, per “sbarcare il lunario”, all’interno di alcune fabbriche, c’è qualcuno che non fa altro, per otto ore della sua giornata, che alzare e abbassare una leva.

E non importa che sia una “leva”, potrebbe essere un computer, un telefono, la cassa di un supermercato o qualsiasi altro strumento di lavoro; ciò che deve essere rilevato, è l’effetto che produce sulla nostra autostima.

Quindi, stiamo parlando di un “incentivo” monetario

Definizione di ”incentivo”: “Impulso, stimolo o spinta di entità notevole se pur non direttamente determinante”.

Se riusciremo a costruire quella sedia, dopo aver acquisito le nozioni tecniche e dopo aver sviluppato il progetto, avremo sotto i nostri occhi, un risultato tangibile, di un qualcosa di utile, fatto ovviamente, in maniera personale e non in serie, ovvero con le nostre mani e non avvalendoci di un macchinario.

Il nostro stato d’animo sarà alle stelle e anche la nostra autostima, eppure questo, non ha generato nessuna entrata monetaria.

In questo caso, da che cosa è giunto l’incentivo al nostro cervello?

E perché siamo così contenti e pieni di autostima?

Quando si tratta di “creare”, ovvero, agire nel punto d’incontro tra le due coscienze, cioè nel presente, l’incentivo è la CREATIVITA’ stessa.

Pensare che le persone senza un incentivo monetario, non realizzerebbero nulla nella loro vita, è un puro NON SENSO, qualcosa di assolutamente indotto, voluto e programmato, esclusivamente perché, le persone non accedano al “pensiero critico”, e siano portate a un unico scopo nella loro vita: “sbarcare il lunario”.

Sbarcare il lunario

Ma che cosa vuol dire “sbarcare il lunario”?

Si tratta di una antica espressione anglosassone, la cui traduzione nella lingua italiana, non ha un vero e proprio significato.

Eppure, quando la usiamo, gli attribuiamo un significato corretto, ovvero, “tirare avanti”.

Il “lunario” è un almanacco popolare, che rappresenta l’anno solare; quindi, “sbarcare il lunario”, vuol dire, “tirare la fine dell’anno”.

Ma lasciando perdere la traduzione, l’espressione originale inglese recita: “keep body and soul together”, ovvero, “mantenere corpo e anima insieme”.

Cosa si intende con questo

Semplicemente impedire il distacco tra corpo e anima, ovvero, impedire il contatto tra mente e coscienza, il famoso “muro”, che può essere visto anche come mantenere insieme spirito e materia, e di conseguenza, spiritualità e materialità.

Quindi, quando realizziamo, all’interno del nostro “IO” e della nostra coscienza, i quali il denaro non sanno nemmeno cosa sia, che l’incentivo monetario, di qualsiasi entità possa essere, NON E’ “direttamente determinante”, e NON FORNISCE, “impulso, stimolo o spinta di entità notevole”, ci rendiamo conto, che non si tratta nemmeno di “incentivo”.

E allora di che cosa si tratta?

Si tratta di “costrizione”.

Definizione di “costrizione”: “Limitazione imposta alla volontà individuale da circostanze particolari o da persone ostili; avvilente rinuncia o sacrificio”.

Questa, è la nostra vita: “INDIVIDUI di una POTENZA’ INFINITA, la cui VITA, L’UNICA CHE HANNO, è CONSIDERATA qualcosa di GENERICO, INDETERMINATO, SOMMARIO e SUPERFICIALE, che SOTTOPOSTI a una LIMITAZIONE IMPOSTA della loro VOLONTA’ INDIVIDUALE, IMPEDENDO il CONTATTO tra CORPO e ANIMA, ovvero, tra MENTE e COSCIENZA, DEVONO CONDURLA, nella più TOTALE DIPENDENZA, provocando AVVILENTE RINUNCIA e SACRIFICIO, al SOLO SCOPO di TIRARE LA FINE DELL’ANNO”.

Siamo sicuri che è proprio così, che vogliamo continuare a viverla?

Quanta autostima potremo mai acquisire, in queste condizioni di vita?

FERMATEVI e chiedetevi: MA CHE COSA STO FACENDO?

E’ chiaro che, almeno per il momento, siamo costretti a sostentarci attraverso un lavoro, e non possiamo “mollare tutto”, ma facciamolo, senza dedicare “anima e corpo” solo a questo.

Dobbiamo separare anima e corpo, e mentre con il corpo svolgiamo il nostro lavoro, con l’anima, ovvero con la mente e la coscienza, proiettarci, verso il cambiamento, altrimenti, saremo sempre limitati, non solo nel lavoro, ma in tutte le situazioni della nostra vita; e quando parliamo di “responsabilità”, è opportuno realizzare, che sono sinonimo di “problema”, ovvero, almeno dopo una certa età, ognuno deve risolvere i propri, come ognuno è responsabile di se stesso, altrimenti, oltre al nostro, ci toccherà “sbarcare” anche il “lunario” altrui e se questa cosa si verifica, ne risentirà sia la nostra autostima, che appunto, quella altrui.

Il loop societario

Questa tipologia di circolo vizioso è quello a cui siamo sottoposti tutti, a causa della manipolazione sociale, ovvero quello in cui, esiste un nucleo dove sono contenute le informazioni veritiere e che sono poche e di facile comprensione, dal quale partono un numero infinito di diramazioni, ovvero, informazioni false e fuorvianti, che servono a generare appunto quei loop, dove le menti delle persone devono essere imprigionate girandovi continuamente al loro interno, per ottenere che stiano sempre lontane da quel nucleo, quindi dalla verità.

L’immagine sottostante ne è una chiara rappresentazione.

Quello che vediamo è che i circoli viziosi all’interno dei quali girano continuamente le menti delle persone, sono infiniti e a volte intrecciati con altri; un modo per creare confusione e inconsapevolezza.

Ci si può facilmente rendere conto, come sia davvero complicato arrivare alla verità, in mezzo a tutta quella confusione e di come sia inevitabile cadere in uno o più loop di questo meccanismo, che potremmo definire “a matrioska”.

Un esempio chiaro di questo è l’economia, rappresentata sempre da sedicenti esperti, che ne parlano con termini incomprensibili che devono servire da deterrente per il suo studio, quando basta semplicemente comprendere tre concetti: debito, inflazione e interessi, per fare emergere la natura fraudolenta del sistema monetario e quindi la verità.

Oppure, giusto per rimanere in tema, come la conoscenza della mente umana, sia nelle mani di altri sedicenti esperti, che ne descrivono i meccanismi in maniera complicata e anche questa volta incomprensibile, mentre basta solo comprendere, che noi non siamo la nostra mente, che attraverso i retaggi, vi è contenuta una quantità infinita di spazzatura che dobbiamo buttare via e che una volta entrati in contatto con la nostra vera essenza, possiamo riscrivere tutto ciò che è il relazione con il nostro vero IO, che è sempre verità, perché parliamo di coscienza e come insegna la psicologia quantistica è la coscienza che crea la mente e mai il contrario.

Quindi, il sistema per uscire da questi loop è sempre lo stesso; la ricerca della verità, attraverso una prima consapevolezza, che riguarda che ciò che ci viene continuamente proposto, o sarebbe meglio dire imposto, dal sistema attraverso tutti i suoi mezzi, per primi i media, non è mai verità e poi quella in cui, attraverso la ricerca, lo studio e l’utilizzo del senso critico, si arriva alla verità.

Quindi, si tratta alla fine di percorrerli tutti quei loop, perché per riconoscere la verità è indispensabile prima di tutto, sapere ciò che non lo è; e una volta fatto questo e quindi consapevolizzato, il resto viene praticamente quasi da solo, perché come, sempre e come previsto dal concetto di causa/effetto, la conoscenza e la consapevolezza sono sempre alla base della verità, in qualsiasi situazione, contesto o schema. 

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